martedì 26 marzo 2013

Un Sogno di Rivolta di Salvatore Gurrado

                                                                 Introduzione

“Un sogno di Rivolta”
Il sogno erige i muri, si nutre della morte suscita ombre, ombre di ogni cosa e del mondo, ombre di noi stessi.
Ma appena abbandoniamo le rive del giudizio, anche il sogno ripudiamo, a vantaggio di un’ebbrezza che è più alta marea. Cercheremo negli stati di ebbrezza, nelle bevande alcoliche, nelle droghe, nel estasi, l’antidoto sia al sogno che al giudizio.
Ogni volta che ci allontaniamo dai margini viviamo un sonno senza sogno. Questo sonno senza sogno non è uno di quello in cui dormiamo, ma si percorre per tutta la notte e la si abita con una chiarezza spavento-sa, non è una passione per la luce, ma per il lampo, per quel flash un disegno della luce. Se si vuole anda
re verso l’infinito cammina in tutte le direzioni. Gli uomini solitari tendono il loro cammino dal buio alla luce
Questo sogno senza sonno non si dorme, è Insonnia. Solo l’insonnia è adeguata alla notte, può riempir-la e popolarla.
Il nuovo sogno è diventato il custode di un’insonnia del desiderio rubato dal capitalismo.
Il sogno è una seconda vita, quella riscattata dal lavoro della morte.

martedì 19 marzo 2013

Sotto la superficie Recensione di Fiorella Cappelli


Sotto la Superficie di Salvatore Gurrado
Recensione di Fiorella Cappelli


Mi piace pensare alla poetica come ad una vocazione dell’anima, ma questa di Salvatore Gurrado, è una “poesia delle ossa”.
Sotto la superficie, tra passato e presente, a volte abbarbicato sulla montagna composta da “ossa tremolanti” : - mi tremano le ossa, i frammenti del corpo, nella finita terra…- vi è “un patibolo costante”, rifugio forzato del poeta, altre in cammino, sotto la superficie: “sotto la superficie, solo me ne vado, per quelle strade che non sai della domenica, sopporto i silenzi…”.
Ma in tutta questa sofferenza è sempre “l’amore, la triste eredità che uccide l’anima”, perché l’assenza dell’amore è dolore più grande è solitudine immensa e “con i Graffi d’anima, ti fa bruciar nella valle del pianto…”.
Salvatore Gurrado, da sotto la superficie percorre il suo passato e torna bambino, “con il cuore pieno di ferite, un piccolo motore così delicato ma così forte da generare amore, fino alla morte…” e sopravvive così “ il bambino che parlava d’amore” : come un dolce respiro che è emozione del brivido e carezza infinita all’oceano… ma è anche attesa, “tra i giardini di Avalon”, aspettando di essere desiderato, voluto, amato dalla madre.
In tutte queste liriche, dal verso libero, è la pienezza dell’anima, scandagliata profondamente, anima che non cela il dolore ma lo rivive, senza rabbia, senza cattiveria ma con grande forza, una forza che trova energia dal collegamento tra passato e presente tanto da divenire “Il dolore del sentimento”: questa crudeltà che chiamiamo vita, scrive il poeta, tanto più è alta la gioia, più infinito è il suo dolore.
E’ così che cammina il poeta, dal profondo buio del dolore, verso un barlume di luce: “Ho dato fuoco alla pioggia” scrive, “ c’è un fuoco che inizia nel mio cuore portandomi fuori dal buio, le cicatrici dell’amore mi hanno condotto di nuovo all’alba…”.
Liriche forti, appese alla vita attraverso funi silenziose di parole bagnate dalle “lacrime lontane”, che le hanno rese robuste, ma il tempo incancellabile della sofferenza è anche rifugio di “infinito della dolcezza in un bacio in riva al mare” perché d’amore immenso è colmo il cuore del poeta Gurrado, ed è con questo amore che combatte “la scura notte, dove dorme la luna… quell’amor che con tanto dolor respira ancor”.

Fiorella Cappelli